Appunti: #industrialmysticism #baionamistica

 

 

 

Conversione nauseabonda

Molteplicità rosa

Catena di montaggio produce caos malleabile

Luce scioglie nodi come VTR

Il mare di graffiti sciaborda riflessi sul prepuzio del Kosmo

Pellegrinaggio meditabondo sulle note profane dei fenicotteri

Inversione kosmika, il becco adunco penetra capanni per filtrare l’oscurità

reciso l’asfalto, sanguina salicornia

Vampate di beatitudine trascinano, a tratti, stormi, sui picchi di ciminiere innevate

Un crepuscolo infuoca i pini iridescenti

lacrime rosa riconoscono i pali marci come vinavil sulle impronta digitali

Pece sulle chiome in fischi fumanti

“Realtà” imbevuta di “notte”

Traforata d’okki

Diviene crema

Socchiudendo le stelle puoi vedere la fantasia

Chiudendo gli archi scompari.

 

 

Bacco Artolini                                                                                          San Francisco 29.01.20

 

 

 

“E come fai a campare?” with music by Michael Smolenkov (video)

#industrialmysticism #baionamistica #contemporaryburp

Music: Michael Smolenkov ( Ufa, Russia)

– “04 tss k rh kj w kx” from kss k k – khss t hr n kk

– “Crowblade” from Cruel Age- Barenstark

 

Video: Bacco Artolini (Ravenna, Italy)

 

Audio: random recordings

” Cosa fai, dove vai, cosa farai da grande? … Andrai a lavorare in una fabbrica anche te, come il tuo babbo, tuo nonno.. O te non vai?

…E come fai a campare?…

… Come fai a mangiare? Chi ti da qualcosa?..

… Fagioli e un pò d’olio e basta, zuppa di fagioli e mangiavi col pane o con la piadina, quello che era.. …Ci accontentavamo di ciò che ci passava il signore…

… Adesso con un computer, phon quì, phon là, manda via tutta sta gente.. Cos’hai bisogno di tutti sti controlli…

… Perchè anche a fare quel lavoro costa.. Non sa come cazzo fare..

E allora devi lavorare, tu devi capire che qualche cosa va fatto.”

Location: via Baiona, Ravenna

“Paper maché” Timothy Lavenz (video)

Poesia: “Paper Maché” di Timothy Lavenz.

Video: Bacco Artolini
Video ambientato sulla via Baiona di Ravenna.
Le parole nel video sono lette e concepite come musica ed ispirano un pellegrinaggio profondo. Le immagini non calcano il solito romanticismo industriale, ma bensì una forma di misticismo industriale. #industrialmysticism #Baionamistica #contemporaryburp

 

Appunti: segni

I graffi e segni non sono altro che appunti su catrame.

Come l’ubriaco muggisce al cielo per orientarsi verso casa, un pò allo stesso modo traccio forme per ritrovare e ricordare.

Il beone si ferma a pisciare per i vicoli, non potendo fare altrimenti. Nei fumi notturni lascia una traccia odorosa al sole, che la seguirà senza giudizio. In maniera molto simile scarico un certo quantitativo di “non so cosa” sulla tela dipinta, poichè mi pare ancora troppo codarda e ho paura di dimenticare tutto.

Un tempo esseri antichi descrivevano linee sulle rocce, fissando informazioni. I simboli grezzi provengono ora come allora da profondità umide dell’ universo, non ci è dato di fabbricarli, salgono come reflusso dimensionale. Qualche decina di migliaia di anni, sono sputo per il cosmo, nulla cambia eppure tutto si trasforma.

Inarrestabili flussi grezzi eruttano su carta, tela, roccia, muro, asfalto; per lanciare messaggi verso l’alto, per attirare l’attenzione degli angeli.

Il gesto primordiale d’un segno, individua sulla materia un percorso, fissa il brivido, il limite, la membrana. La notte materna copre i rutti dell’ubriaco, inseguito dai raggi del sole. Un tratto grasso accarezza il metallo, vivifica la ruggine e accoglie l’urina.

Sono appunti di una fuga, scritti di fretta su foglio tremolante; sono appunti che vanno dimenticati, frammenti che riflettono il timore inconscio del risveglio, il terrore intimo d’uscire dalla caverna d’asfalto.

 

Bacco Artolini                                                                                                                       3.11.19

La fine del nostro Statuto d’artista

Quasi un anno fa, a Ravenna, fissavamo il “percorso di ricerca ” con un gesto/video e forse nutrivamo semplicemente il nostro narcisismo.

Questo è ciò che ci venne in mente di fare:

Prendemmo una porzione di terriccio compost derivato dagli sfalci e dall’umido maturati l’anno prima e una porzione di cenere dalla performance della primavera precedente ( a Sarajevo, assieme all’artista e performer Nardina Zubanovic avevamo incendiato una tela durante l’esposizione per poi raccogliere le ceneri in un barattolo).

Dentro questo miscuglio, piantammo i bulbi di due Narcisi ( uno non sarebbe germogliato). Poi con acqua lo battezzammo.

Non trovando parole per collegare addensamenti così impalpabili, grumi creativi successi tanto lontani tra loro eppure rappresi sulla stessa ferita; decidemmo di compiere un gesto, un rito, un esperimento.

 

Inizialmente insicuri, non sapevamo se qualcosa sarebbe mai cresciuto, forse il nostro era stato solo un insano gesto, figlio della noia e della pazzia. Forse saremmo rimasti delusi, soli e aridi come terra incolta.

Invece, con gentilezza, la Natura accolse e nutrì la nostra idea e tutto ciò era commovente. La Natura Madre ci assecondava, si lasciava fecondare, per il capriccio di qualche artista che non trovava nulla di meglio da fare che scomodarla. Non solo ci assecondava, ma contribuì alla creazione.

Seguimmo la crescita della pianta che semplice pianta non era, la sua evoluzione rappresentava per noi infatti: il fiorire della visione, la fuga dalla parola, radicare il silenzio, l’incarnarsi del narcisismo, l’assoluzione dei peccati digitali.

Era l’amplesso psicomagico del nostro piccolo percorso, che comunque aveva dignità e meritava una celebrazione.

La gravità del tempo era la legge che portava alla deriva la nostra visione, sempre più turgida, sempre più bella.

Vibravamo Bacco Artolini installation artist Ravenna Tommaso Martines

Poi cominciammo a guardarla come fosse una sorgente infinita, a utilizzarla per altri esperimenti, a farle foto e video, a venerarla; era un oracolo al quale chiedavamo consiglio, come se la gravità del tempo non potesse più intaccare i sui suoi tessuti, come se la sua saggezza la rendesse cristallizzata ed immortale.

Eppure, forse, per volontà del cielo, tutto termina.

Ci accorgemmo presto che non era nemmeno un contributo quello che la Natura aveva dato; ciò che stava succedendo era buono e giusto. Noi eravamo un semplice canale, un semplice addensamento che doveva apprendere l’umiltà, doveva vedere la propria nullità. La Natura si riprendeva con garbo il nostro statuto, che poi nostro non era e ci lasciava in ricordo un involucro vuoto.

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Bacco Artolini                                                                                                                    31.10.19

 

 

appunti: il filo di rame

Il filo di rame (che utilizzo nei dipinti da un anno a questa parte):

Colpo di sutura tra corpo ed assenza, tra morte e rinascita, tra sudario ed essenza .

Il filo di rame è un misero tentativo di portare corrente afrodisiaca alla bidimensionalità digitale che incombe sul dipinto.

Moto vibratorio tra il visibile e l’ oltre.

Il filo di rame è artificio che compensa il terrore razionale del fruitore. E’ il terzo incomodo.

Infuoca il silenzio di sottofondo. Surrogato spazialista, brucia il piano verso nuovi orizzonti.

Con un filo di rame, faccio esperienza del processo pittorico che diventa mera superficie, membrana penetrabile dall’impeto metallico d’un potenziale.

La tela commuove. Essa inspira ed espira il filo di rame, lo accoglie e lo abbandona sotto i miei occhi.

Con elegante passività le sue fibre indicano gli atomi da forare ed i lembi da cucire.

Vivo con questo sacrificio, il materializzarsi d’un nuovo atto creativo.

Il filo di rame incarna l’osservatore che si abbandona in contemplazione, entrando e uscendo dall’opera per nulla intimorito, legandosi incredibilmente al suo contenuto.

Il silenzio bruciando, ricama gemiti tra le parti, echi distanti d’un contatto primordiale.

 

 

Bacco Artolini                                                                                                                       16.10.19